- Date: Gennaio 6, 2022
- Categories: GRAFFISCULTURE
Graffi sull’Eden
Quando Enzo Marino mi ha parlato di questa sua idea, cioè di“graffi atavici”, al Goethe Institut di Na-poli, è scattata una sintonia tra noi, come se avessimo molte cose da dirci. Sono stato al suo studio, pieno di stampe belle come carte da gioco o tarocchi, con qualche lavoro di sue mostre precedenti, cercando una filiera mentale,
una coerenza strutturale tra i soggetti dei lavori, i mate-riali, la tecnica. Ci ho rinunciato: Marino è energia, caos. Soggetti-materiali-tecnica sono indifferenti. Il suo metodo è il non-metodo. Accanto a una maschera mortuaria atride ci trovate magari Topolino; sotto un oggetto ordinario ci leggete un titolo scientifico o, al contrario, sotto un oggetto strano o straordinario un titolo ordinario. A Marino piace l’ironia. Non è, intendiamoci, che il suo percorso non sia codificabile, in retrospettiva: penso ad alcune intuizioni di Francesco Piselli (Catalogo “Mythos Eros Magie, ed. Intra Moenia, Napoli 1998) il quale stabilisce (e sono d’accordo) che: Marino vive in una zona sismica; che in questa zona sismica l’esistenza è a rischio, è atletica, sfida potenze inumane; che arte significa lotta “per neutralizzare il soffocante statuto fisico delle cose”; che c’è una relazione -direi alchemica e ontologica- in alcuni fondamentali pigmenti di Ma-rino: il giallo,il blu,il giallo+blu (verde); che a questi colori corrispondono il giù (lo zolfo della terra), il su (l’etere), il mezzo (la natura). Penso, a questo riguardo, al lavoro di Wittgenstein sui colori.